Tra le specialità dello street food siciliano, lo sfincione è uno dei cibi più conosciuti e apprezzati anche fuori dai confini dell’isola.
Secondo gli studiosi fu inventato a Palermo dalle monache del monastero di San Vito, sulla base di un piatto arabo. Successivamente diventò un cibo di strada e si diffonde soprattutto nel capoluogo e nella sua provincia.
Inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT), ne esistono due varianti: lo sfincione rosso a Palermo e quello bianco a Bagheria.
La storia dello sfincione e la scelta tra quello di Palermo e Bagheria
Come detto precedentemente, secondo alcune ricostruzioni lo sfincione sarebbe nato a Palermo nel ‘700, dentro il monastero di San Vito, in un’area compresa tra il mercato del Capo, via Cappuccini e piazza Indipendenza.

Le suore volevano creare un pane più ricco in occasione delle festività e dato che potevano disporre solo di pasta lievitata e di pochi ingredienti, si ingegnarono con quello che avevano.
Lo Sfincione di San Vito, però, era diverso in un fondamentale dettaglio: a quanto pare, infatti, non includeva il pomodoro, che ancora non si usava.
Lo Sfincione che possiamo gustare ora è una specialità a metà strada tra il pane e la focaccia, condita con pomodoro, cipolla, caciocavallo, acciughe e origano.
A lungo questo piatto ha rappresentato il pranzo degli agricoltori che lavoravano nei campi. Ora che sappiamo chi ha inventato lo sfincione, scopriamo l’origine del nome: sembrerebbe che il nome sfincione, così come sfincia (il tipico dolce siciliano) deriverebbe secondo alcuni dal greco spòngos, mediato dal latino spongia, che fa riferimento alla spugna. In entrambe le ricette, infatti, vi è un impasto molto morbido e spugnoso.
Lo sfincione rosso palermitano è una soffice pizza condita con salsa di pomodoro, cipolla, acciughe e caciocavallo. In passato era venduto tra i vicoli degli antichi mercati storici di città, dove ancora oggi è possibile acquistarlo nella tipica forma rettangolare presso i panifici o dai venditori ambulanti dotati di lapino – la moto ape per intenderci -.
A Bagheria invece è un impasto di farina di grano siciliano, dalla forma rotonda, con un condimento di acciughe, tuma (formaggio siciliano da latte crudo di pecora) tagliata a fette, pangrattato con pecorino grattugiato, cipolla, sale e olio extravergine.
La principale differenza tra rosso e bianco è data dall’assenza, in quello di Bagheria, della salsa di pomodoro; anticamente era preparato solo nel periodo natalizio ma, proprio per la sua bontà, lo si trova ormai tutto l’anno nei migliori panifici, i quali hanno dato vita a una nuova comunità Slow Food creata per promuovere e proteggere la tradizione bagherese.
Bianco di Bagheria o rosso di Palermo, lo sfincione rimane uno dei cibi più iconici e buoni della Sicilia e gli dedicano anche un festival!
Si tratta dello Sfincione Festival – 8 mila persone in tre giornate -, organizzato e promosso dal Sanlorenzo Mercato di Palermo. Ecco allora dove poter mangiare i migliori sfincioni.
Dove mangiare i migliori sfincioni
Iniziamo con l’Antico Forno Valenti dal 1887 (via F. Aguglia 17, Bagheria), il quale porta in alto una gloriosa storia di famiglia giunta ormai alla quinta generazione, oggi rappresentata dal Maestro Maurizio Valenti, vincitore del primo Sfincione Festival e ospite speciale fuori gara di questa terza edizione, appena conclusa.

Maurizio custodisce gelosamente l’antico libro che contiene la ricetta tramandata di padre in figlio: alla base del suo sfincione c’è un impasto di semola di grano duro farcito con tuma a latte crudo, cipolla del territorio e acciughe di Aspra; nella parte superiore invece c’è una spolverata di pangrattato.
Tra i partecipanti del Festival c’è anche l’Antica Forneria Scaduto (via del Cavaliere 90, Bagheria). Il fornaio Massimo Scaduto è vincitore dell’edizione 2019 che quest’anno si aggiudica il premio della giuria tecnica.
Il suo sfincione rispetta fedelmente la ricetta classica bagherese: acciughe di Aspra, tuma, cipolla stufata, pangrattato condito con pecorino e olio extravergine.
Giampiero Pecoraro invece è il vincitore di questa edizione del Festival, con il suo Panificio Don Pietro (piazza Indipendenza, Bagheria), per la categoria sfincione bianco.
A lui si deve il merito di avere recentemente ripristinato un antico forno a legna dell’800 ormai in disuso. Gli ingredienti utilizzati sono quelli della tradizione: acciughe di Aspra, cipolla, formaggio, origano e pangrattato.
Novità di quest’anno la partecipazione al Festival della fornaia Vita Gagliano de La Spiga (via Papa Giovanni XXIII 116, Bagheria), con una postazione interamente dedicata ai prodotti da forno gluten free.
Il suo originale e buonissimo sfincione tradizionale bagherese è ottenuto con amido di frumento deglutinato, amido di mais, farina di riso e fecola di patate. Come condimento invece i classici ingredienti, ovvero acciughe, tuma, cipolla e pangrattato fresco.
A rappresentare la tradizione palermitana ci pensa lo sfincione della forneria di Sanlorenzo Mercato (via San Lorenzo 288, Palermo), l’hub enogastromico organizzatore del Festival (tappa da non perdere per i food lover in visita a Palermo), che propone la celebre versione rossa con salsa di pomodoro, cipolla, acciughe e pangrattato.
Infine, per la categoria rosso l’edizione 2020 è del Festival è stata vinta da Debora e Veronica Velardi del Panificio Tusa(via Circonvallazione 58, Monreale).
Il loro sfincione rispetta fedelmente la ricetta palermitana: l’impasto è soffice, la salsa di pomodoro molto ristretta, la cipolla sprigiona tutta la sua dolcezza e al palato si percepisce subito la bella sapidità dell’acciuga.
E infine, come tradizione comanda, la scelta di utilizzare solo caciocavallo palermitano, un formaggio ricco di profumi e dai sapori intensi.